Mindhunter: Netflix da spazio al noir in una serie profonda e spiazzante
Netflix è diventata una vera e propria fucina di film e serie tv, cresciuta in potenza e redditività. Dai comici ai drammatici, dalle serie sui supereroi alle dark Comedy dai toni sopra le righe. Tra la marea travolgente di produzioni che la piattaforma propone, ci sono delle chicche davvero interessanti.
Oggi vi parliamo di Mindhunter.
Mindhunter: tratto da…
Come ormai abbiamo già ripetuto più volte qui e qui, le produzioni cinematografiche e televisive sono sempre più spesso adattamenti di opere letterarie. Anche Mindhunter è tratto da un libro, ma non un “semplice” romanzo. La storia narrata in questa nuova serie è un adattamento del libro Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano. Le menti sono quelle di John E. Douglas e Mark Olshaker, rispettivamente la materia prima e la penna.
Perché materia prima?
La storia è effettivamente una biografia di Douglas, ex agente del Federal Bureau of Investigation, attivo dal 1970 al 1995. Per non dover riassumere tutta la sua vita, già narrata nel libro, posso dirvi che il ruolo di Douglas all’interno dell’FBI fu principalmente quello di studiare… le menti criminali. A quei tempi il concetto di serial killer non esisteva, e lo studio della psiche criminale era materia nuova, principalmente rilegata agli intellettualoidi delle università della nazione. Le fatiche di Douglas furono incredibili, e si prolungarono per molto tempo, visto che la sua mansione principale era quella di viaggiare per il paese, fornendo supporto e aggiornamento ai corpi di polizia locale. Il tutto viene narrato con passione dalla penna di Olshaker, autore e produttore con una passione sfrenata per questo genere di interessi.
Mindhunter prodotto da Netflix
La serie prodotta da Netflix risulta sicuramente fedele al libro, ma con diverse licenze. Il protagonista non è Douglas, ma l’agente federale Holden Ford. Ricordo che la serie è tratta dalla vita di Douglas, e racconta molti passi della sua carriera in maniera fedele. Ma la serie è basata solo in parte sul libro omonimo, mentre i produttori Fincher e Theron si sono sentiti liberi di dare spazio ad una sceneggiatura accattivante e a personaggi dalle caratteristiche incredibili. Ah! Come avrete letto nella didascalia qui a fianco, questa serie di Netflix è prodotta da un tanto incredibile quanto improbabile duo. Mentre Charlize Theron è rimasta affascinata dalla storia, David Fincher si è spinto oltre, e ha sapientemente girato ben quattro episodi, tra cui apertura e chiusura della prima stagione.
Gli ingredienti di Mindhunter sono vicini al noir
Come originariamente narrato, siamo nel 1977. L’agente federale Holden Ford (Jonathan Groof) è molto affascinato dalla mente criminale, e dai meccanismi che la rendono così diversa da una mente comune. Galvanizzato anche da una strana storia sentimentale con una studentessa di psicologia, lo stesso Holden desidera ardentemente affrontare un viaggio nella mente dei più efferati assassini della storia americana. Sarà poi l’incontro con l’agente dell’FBI Bill Tench, in carica al reparto di scienze comportamentali, a favorire le ricerche di Ford. La scintilla professionale scatta immediatamente tra i due, nel momento in cui Ford viene a conoscenza delle mansioni di Bill, impegnato a viaggiare per tutta la nazione, facendo corsi di aggiornamento sulle tecniche investigative ai corpi di polizia locale. Questo darebbe l’opportunità a Ford di avvicinarsi ai più importanti istituti di detenzione americani, dove sono rinchiusi alcuni tra i più efferati criminali seriali.
Fin dalle prime scene, capiamo che il tono della serie è sicuramente crudo, ma non è la violenza fine a se stessa il messaggio. La fotografia è pulita, semplice, ma allo stesso tempo complessa e carica di comunicazione. Ogni personaggio è ben caratterizzato, e l’ambiguità con cui vengono proposte le conversazioni è talvolta disarmante.
Violenza
In Mindhunter non è il sangue, o la violenza fisica a fare da padrone, bensì quella verbale. Ford e Tench, con il supporto solo in parte della dottoressa Wendy Carr (basata sulla figura reale della dottoressa Ann Wolbert Burgess) affronteranno diversi colloqui con quelli che loro stessi definiranno per la prima volta come “serial killer“. Da Dennis Rader a Jerry Brudos, gli assassini seriali intervistati si apriranno e daranno sfogo alla voce interiore che li ha guidati nei loro crimini. Quello che rende tinta di nero questa storia è la figura di Edmund Emil Kemper III, un assassino che guiderà Ford alla ricerca della sua curiosità per la mente criminale, dando un senso all’esposizione di una violenza così sanguigna in una serie dai toni lenti e introspettivi.
Regia e sceneggiatura
Una regia che cattura l’attenzione, e dona un tono profondo e silenzioso alla vicenda. Il tutto viene sorretto da una sceneggiatura che sapientemente sa come allungare e creare tensione nella storia, aggiungendo talvolta elementi poco utili, ma comunque interessanti. Il montaggio non ha particolari elementi innovativi, ma permette allo spettatore di immergersi totalmente in conversazioni talmente assurde da essere credibili. La differenza tra la regia di Fincher e gli altri direttori che si alternano dietro la camera è abbastanza chiara agli appassionati, tuttavia non disturba affatto, anzi, aiuta a creare momenti di alternanza tra tensione e distensione.
Non è necessaria una seconda stagione, ma ci speriamo
Mindhunter è sicuramente una storia auto conclusiva, se la guardiamo come semplice storia. Ma la sete di conoscenza del protagonista ci spinge a nostra volta a voler conoscer più a fondo una materia che ad oggi viene quasi data per scontata nelle opere poliziesche. La devianza etica e morale dei comportamenti e dei ragionamenti dei serial killer, in questa storia, si contrappone alle procedure federali di cinquant’anni fa. Inoltre è il percorso psicologico di Ford, e dei personaggi intorno a lui ad attirare l’attenzione, e a spingerci a voler sapere… poi? Che succede?
Critica
Molto acclamata dalla critica, la positività delle recensioni spinge a pensare che una seconda stagione sia comunque d’obbligo per questa serie unica nel suo genere, e dai toni tipicamente noir.
Considerazione personale
Questa serie è davvero sensazionale, sia dal punto grafico e tecnico, che dal punto narrativo. Sapere che è basata su una storia vera aiuta sicuramente, ma tutta la crew, dall’ideatore, al tecnico delle luci, ha fatto un ottimo lavoro. Nel recensirla ho comunque tralasciato tanti, tantissimi dettagli importanti poiché credo che guardarlo a “scatola chiusa”, com’è successo a me, lasci la bocca secca e una sensazione di incompletezza personale che solo certe opere sanno fare.
Vittorio Bottini