Il bar delle grandi speranze: speranza nell’umanità
Il bar delle grandi speranze è vita
Voglio fare una premessa. Questo non è un articolo scritto per il SEO, o una recensione dell’ultimo romanzo letto, una ruffianata marchettara e nemmeno un canonico post da blog. Il mio è un tentativo disperato di scrivere l’ode per le quattrocentottantasei pagine, ringraziamenti compresi, tra le più toccanti che abbia mai letto.
Il romanzo
Il bar delle grandi speranze è un romanzo, ma è anche un resoconto dettagliato della vita di una persona qualunque, nata a ridosso di una delle aree metropolitane più popolate del mondo: lo stato di New York.
La storia comincia con il narratore che ricorda la sua infanzia. La mancanza di un padre, la presenza di una madre forte. La narrazione fa capire subito al lettore che il protagonista non è il narratore stesso, ma tutte le persone, iconici attori in una scena teatrale surreale, che gli ruotano attorno. La loro storia è il viaggio più bello che io abbia mai letto. Aggiungere altro sarebbe come uscire dallo schermo e spaccarvi la faccia. Rovinarvi la sorpresa di leggere questo romanzo equivarrebbe ad un tremendo delitto imperdonabile. Tanto varrebbe trovarvi uno ad uno e tormentarvi con metodi di tortura israeliani.
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J.R. Moehringer
L’autore è un giornalista da Pulitzer, ed è proprio questo il bello. Non leggeremo di come ha vinto il Pulitzer. Non è un’auto conclamazione, non ci troviamo di fronte alla masturbazione professionale di un uomo di successo, non leggeremo quasi cinquecento pagine di “guarda come sono figo”.
Sono stato catapultato in un mondo che non conoscevo. Non sono mai stato a in quei luoghi, ma girata l’ultima pagina di romanzo mi sono accorto di essere tornato da un viaggio importante. Mi sento cambiato. Poche volte mi è successo in vita mia che un romanzo, un film, una storia riuscisse a spostare gli assi della percezione della vita, nella mia testa. Moehringer è stato uno di quelli che ce l’ha fatta. Mi ha letteralmente gettato dentro il suo mondo, mi ha fatto conoscere i suoi amici, i suoi nemici, i suoi amori, la sua famiglia, come farebbe un buon amico, senza annoiarmi con aneddoti fine a se stessi.
Moehringer si è messo a nudo, e mette a nudo anche il lettore. Ti porta in un continuo ed emotivo riscoprire te stesso attraverso la sua vita, le persone e le situazioni che hanno caratterizzato la sua esistenza.
Il senso del viaggio
Ci sono state pagine che mi hanno fatto ridere, altre mi hanno fatto piangere, altre ancora incazzare. Poi ci sono state pagine che mi hanno fatto fare tutte e tre le cose contemporaneamente.
Ma la cosa più importante è che ogni capitolo mi ha lasciato qualcosa.
Potete leggere tutti i manuali di marketing del mondo. Potete leggere tutte le biografie di Musk, di Montemagno, di qualsiasi guru filantropo di successo. Ma nessuno vi mostrerà una vita genuina, svestita da ambizioni e successi come Il bar delle grandi speranze. Questo perché siamo ormai abituati a vedere la vita come un susseguirsi di successi professionali, di tentativi di accumulare cose e denaro. In realtà questo libro può sembrare un drammatico, può sembrare un’auto biografia, può sembrare un semplice un romanzo. Un prodotto da scaffale? La speculazione macabra di una vita? Beh, non lo è!
Il bar delle gradi speranze è un vademecum per il lettore. Non ha la pretesa di insegnarti niente, se non lo vuoi. Se sei invece disposto ad accettarli, riuscirai a scorgere un sacco di avvertimenti e di profonde e interessanti visioni della vita.
“Ciao Mamma, io vado” [sono presenti spoiler in questo paragrafo]
Questo è il tipico romanzo che uno scrittore vorrebbe aver scritto, ma non vorrebbe aver vissuto. Soprattutto per noi italiani, la visione della vita U.S.A. non è semplice da comprendere. Grandi spostamenti, grandi sfide, grandi addii. Tutto è molto più in grande, più vasto. L’abbandono della famiglia, la ricerca della stabilità, la competitività scolastica e professionale. Ma anche le possibilità. L’idea che un ragazzo in difficoltà economica possa comunque sognare di andare in una delle università più prestigiose del paese… e grazie al suo impegno riuscirci, ha dell’incredibile. Almeno per noi italiani, che siamo perlopiù abituati ad una predestinazione rigida e imposta. Per me è davvero incredibile.
Non voglio volutamente parlare del sentimentalismo nei confronti del bar. Non voglio scrivere una recensione, o sbattere la sinossi di una vita intera, riducendola a: “si! Quel tizio ama davvero i bar”. Semplicemente non voglio. Mi limiterò a dire che sono andato a vedere le foto, a “farmi un giro” per Manhasset con Google Street View, e alla fine ho capito una cosa. Di tutto quello che ho assimilato, l’ambientazione era del tutto irrilevante. Nella mia testa il Publicans di Moehringer aveva l’aspetto e i colori del bar che frequento io, il sapore di birra e cibo erano gli stessi di quelli che ordino io. Gli odori, i rumori, insomma… avete capito.
Conclusione
Non lo metterei in cima alla lista dei miei libri preferiti per l’ottima sintassi, il lessico appropriato per ogni situazione o per l’intreccio sapientemente architettato per non annoiare mai il lettore. Non perderei nemmeno un minuto a elencare alcune delle parti migliori, o peggiori, a meno che non mi trovassi al banco del pub, pronto a lanciarmi in qualche discussione approfondita.
Lo metto in cima per il “semplice” fatto che dopo averlo chiuso, la mia vita è cambiata. Non mi ha spiegato cosa devo fare per cavarmela, come prendere più clienti, come gestire i miei soldi.
Mi ha mostrato un lato sensibile, e umano, che credevo non esistesse al mondo.
Invece c’è.
Si trova un po’ ovunque, ma sono convinto che per i meno svegli, come me, ci sia bisogno di qualcuno che venga a mostrarcelo. Si può trovare per strada, nella redazione di qualche giornale, a casa dei nonni… e anche nel più antico bar di Manhasset.
Si trova anche in luoghi che non crederemmo, specialmente in questo periodo. Come il web, e Facebook, stracolmi di opinionismo e saccenza, ma scarico di comprensione e unione. Questo è quello che scrive la stampa locale sull’autore e sul suo libro.
Voglio ringraziare davvero J.R. Moehringer, che mi fa sentire in colpa di chiamarlo per nome, e probabilmente non leggerà mai queste parole. Lo ringrazio per essere stato in grado di mostrarmi l’umanità attraverso le pagine di un romanzo, in un periodo in cui fatico a trarre qualcosa di buono dall’arte, scambiata per commercio dagli artisti stessi.
Consigli
Questo è il primo romanzo che leggo di questo autore. Mi è stato caldamente consigliato dai miei cari amici e colleghi Alberto e Ivano, verso i quali nutro la più cieca e sincera fiducia in tutto, specialmente quando si parla di libri. Fiducia ripagata appieno. Mi era stato consigliato di continuare a leggere Moehringer, compresa la biografia del tennista Andre Agassi, scritta dalla penna dello stesso autore. Dopo aver letto il bar delle grandi speranze, andrei avanti comunque, a prescindere dal loro consiglio.
Vittorio Bottini
Quasi cinque anni dopo…
Leggo tanto. A volte troppo. Considero la lettura come uno dei miei quattro grandi vizi, assieme al fumo, al bere e alla musica rock. Credo di aver letto quasi un migliaio di libri nella mia vita. Il bar delle grandi speranze soggiorna stabilmente nel podio dei miei romanzi preferiti, dal momento in cui ho finito di leggerlo per la prima volta, quasi cinque anni fa. Se sia o no il miglior romanzo che abbia mai letto, non è questa la sede per discuterne. Per questo potete sempre farmi un fischio, tanto il modo di contattarmi è facile da trovare. Quello che è importante, è che Il bar delle grandi speranze è uno di quei romanzi che ti entrano nello spirito così a fondo, che non c’è verso di farli uscire. Diventano parte di te e cambiano il tuo modo di percepire il mondo. Perché quelle “speranze” contenute nello stesso titolo, non sono altro che le speranze che coltiviamo ogni giorno. Tutti noi. Nessuno escluso.
Credo di aver comprato una dozzina di copie di questo romanzo. Una per me, quasi cinque anni fa. E tutte le altre, in seguito, da regalare ad amici e parenti. E, ovviamente, a tutte le donne che ho amato.
Alberto Staiz
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