Narcos: il narcotraffico al tempo di Netflix
Nel mese di febbraio dell’anno in corso, Netflix ha pubblicato la seconda stagione di Narcos: Messico. Si tratta della quinta serie di una delle produzioni di più grande successo tra quelle distribuite dalla nota società californiana. È tempo quindi di fare un bilancio generale e spiegare perché Narcos rappresenta una chicca irrinunciabile per tutti gli amanti delle serie televisive, in particolare per gli appassionati del genere crime.
Pablo Escobar
La peculiarità di Narcos, fin dall’esordio nel 2015, è sempre stata quella di raccontare la storia del narcotraffico sviluppando una trama basata su fatti realmente accaduti, con l’aggiunta di una componente di fiction ricca di colpi di scena e degna del miglior crime movie. Le prime tre serie di Narcos ruotano attorno al narcotraffico colombiano, e in particolare alla figura di Pablo Escobar, probabilmente il più famoso e spietato narcotrafficante della storia.
La storia di Escobar la conosciamo tutti: l’ascesa negli anni ’70; la ricchezza negli anni’80 e il conseguente tentativo di scalata ai vertici della politica colombiana; gli omicidi spietati; la corruzione dilagante; la guerra con i cartelli rivali e i tentativi della DEA di catturarlo. Nel 1991 Escobar si arrende e patteggia l’incarcerazione nella Cattedrale, carcere di lusso appositamente costruito per la sua detenzione, dal quale fuggirà l’anno successivo. Si scatena una caccia all’uomo senza precedenti, che porterà alla disgregazione del cartello, fino all’epilogo, con la morte di un Escobar ormai braccato e impotente, nel 1993, durante una fuga per i tetti di Medellin.
The Cali Cartel
La terza serie vede l’ascesa del Cartello di Cali, che raggiunge l’apice colmando il vuoto di potere creatosi con la morte di Escobar e la disgregazione del cartello di Medellin. Con atteggiamento da affaristi che agiscono nell’ombra e lontani dall’ostentata spocchia di Escobar, i quattro leader del cartello di Cali arriveranno a dominare il narcotraffico americano, fino a quando la DEA non scenderà in campo per annientarli, forti anche dell’aiuto di Jorge Salcedo, capo della sicurezza del cartello che, vistosi negare la possibilità di abbandonare il business per ritirarsi a vita privata, deciderà di contattare la DEA, diventando uno dei testimoni chiave nella lotta al narcotraffico.
Narcos: Messico
La quarta e la quinta stagione di Narcos spostano la loro attenzione sul Messico degli anni ‘80, dove lo spietato trafficante Miguel Angel Felix Gallardo (interpretato dal messicano Diego Luna) riunisce tutti i cartelli messicani in una federazione di narcotrafficanti. Dediti alla coltivazione e allo spaccio di erba e – in parte – eroina, i messicani intuiscono la potenzialità del commercio della cocaina – richiestissima negli Stati Uniti – e si propongono prima come corrieri per i colombiani, diventando poi i veri re dello spaccio di droga mondiale. L’uccisione, dopo una lunga tortura, dell’agente della DEA Kiki Camarena condurrà verso l’escalation nella guerra ai cartelli messicani, con la conseguente caduta di Felix Gallardo.
La seconda serie di Narcos: Messico si conclude proprio con l’arresto, e la successiva estradizione negli Stati Uniti, del capo della federazione: un fatto che porterà, a livello storico, alla disgregazione della federazione e a una conseguente lunghissima e cruenta guerra tra cartelli, che trascinerà il Messico in una vera e propria guerra civile. Sarà questo il soggetto della (probabile ma ancora non annunciata) nuova serie?
Le caratteristiche
La peculiarità del format – in particolare delle prime due serie – è la fortissima connotazione storica, frutto di un magistrale lavoro di ricerca degli sceneggiatori e del lavoro di consulenza di Javier Peňa e Steve Murphy (interpretati nella serie dai bravi, Pedro Pascal e Boyd Holbrook), i due agenti della DEA che hanno dedicato parte della loro carriera alla ricerca del più grande narcotrafficante della storia. È proprio la voce narrante di Steve Murphy quella che, accompagnando lo spettatore durante le prime due serie, racconta gli sviluppi politico-sociali della caccia a Escobar, coadiuvata da immagini d’epoca e di repertorio della Colombia anni ’70 e ’80: un espediente che contestualizza lo sviluppo della trama fornendo una base storico-politica solidissima. Il risultato è qualcosa a metà strada tra la docuserie, il documentario storico-biografico e una crime story degna delle migliori sceneggiature hollywoodiane.
La terza serie di Narcos è accompagnata dalla voce narrante di Javier Peňa, impegnato – questa volta senza il suo compagno Murphy – nello smantellamento del cartello di Cali, i cui leader, acerrimi nemici di Escobar, avevano già fatto la loro comparsa nelle prime due serie. Il format, vincente e molto originale, viene riproposto anche nelle due serie messicane, narrate questa volta dall’agente della DEA Walt Breslin, personaggio simbolico che non ha basi storiche ma che riunisce nella sua figura tutti gli agenti che hanno contribuito alla lotta al narcotraffico.
Storia e fiction
Divertendosi nella ricerca delle informazioni in rete, in particolare sulle biografie delle decine di personaggi che compaiono nella narrazione, si può facilmente comprendere come la serie sia eccezionalmente sviluppata e documentata e – nonostante alcune licenze narrative volte a fornire maggior chiarezza nello sviluppo della narrazione, evitando naturali tempi morti e aumentando la spettacolarizzazione dell’intreccio – i fatti storici costituiscano lo scheletro imprescindibile sul quale la serie si muove. Le inesattezze storiche e gli elementi di fiction, seppur presenti, non intaccano una ricostruzione dei fatti a mio modo di vedere chiara e affidabile.
Da un punto di vista puramente cinematografico, Narcos vanta una produzione di altissimo livello, forte di una ricostruzione scenografica perfetta degli anni ’70 e ’80, e di un intreccio ricco di tensione e colpi di scena a ripetizione, come da miglior tradizione crime e noir. Da non dimenticare il cast, composto di attori di grande spessore, equamente divisi tra statunitensi e sudamericani, alcuni dei quali già affermati a Hollywood. Tra tutte spicca l’interpretazione di Escobar, fornita da un ispiratissimo Wagner Moura, abile a mostrare al pubblico tutte le sfaccettature di un criminale spietato e sanguinario, diviso tra l’amore sconfinato per la sua famiglia e le sanguinarie e testarde ambizioni criminali. Degno di nota anche Michael Peňa nelle vesti di Kiki Camarena.
Further readings
Per chi volesse – come fatto dal sottoscritto – approfondire la storia del narcotraffico e le vicende storiche che hanno costituito la base di Narcos, la lista delle letture è particolarmente lunga. Per fare un esempio, la vita di Pablo Escobar è l’oggetto di decine di pubblicazioni, tra cui ben due libri scritti dal figlio Juan Pablo, un romanzo biografico frutto della penna dalla moglie Victoria e persino un memoir scritto dall’affascinante giornalista colombiana Virginia Vallejo, amante di Escobar dal 1983 al 1987.
Nel mare delle pubblicazioni, suggerisco Caccia a Pablo Escobar (Newton Compton Editori), scritto da Steve Murphy e Javier Peňa: l’appassionante racconto autobiografico delle rispettive vite e carriere dei due agenti della DEA, fino al momento in cui si trovano in Colombia, uno al fianco dell’altro, per dare la caccia al più grande criminale del periodo.
Per quanto riguarda le vicende messicane, data la complessità, la durata e la quantità di figure coinvolte nella guerra alla droga, il mio suggerimento è quello di immergersi nella lettura della Trilogia del Cartello di Don Winslow, composta da Il potere del cane, Il cartello e Il confine, tutti editi da Einaudi. Lo scrittore americano ricostruisce la storia del narcotraffico messicano, imbastendo una storia fittizia ma fortemente basata sulle vicende e sui personaggi realmente esistiti: la tecnica di mescolare fiction e storia portata alla ribalta da James Ellroy con American Tabloid, applicata, in questo caso, alla storia del narcotraffico.
Alberto Staiz
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